26 Ottobre 2015
Napoletani, ascoltate Napoli secondo una veneta...
TweetSi tratta di un articolo che ha fatto sgranare i nostri occhi e gonfiare il nostro cuore di gioia perchè, nonostante tutto, c'è chi Napoli la capisce al volo ed, evidentemente, molto meglio di qualche vero... napoletano.
Scritto da Chiara Foffano di Mestre per il giornale locale dopo un breve soggiorno a Napoli in cui ha avuto la fortuna di incontrare Michele, una delle nostre guide. Queste parole, in poco, hanno fatto il giro del web raccogliendo entusiasmo in tutta Italia. Noi di NapolinVespa Tour siamo orgogliosi di aver contribuito in parte a questo splendido racconto.
Napule, piezz ’e core – di Chiara Foffano
L’autunno mi regala sempre qualcosa. Quest’anno ho ricevuto Napoli, città che non avrei mai scelto di visitare ma che mi sono ritrovata invece a vivere, seppur brevemente, per “lavoro”. È stata un’inaspettata sorpresa, un affascinante incontro. Non vi indicherò dove dormire o cosa mangiare (in Italia servono ancora consigli sul cosa mangiare?!). Vi lascio - spero - la semplice curiosità di andarle a fare visita di persona, come se fosse quella vostra zia, ormai un po’ matta, che da giovane lasciò la famiglia per cercare fortuna lontano, viaggiando il mondo con una sola valigia di cartone.
Mi trovo qui davanti, davanti a lui. E mi domina. “Lo zio” lo chiamano tutti, e lui, a tutti comanda.
Con lo sguardo percorro la sua figura: bruna come la sua pietra e la sabbia che lo accompagna a mare. La foschia della strada me lo nasconde un po’, ma impossibile è non cercarlo con lo sguardo.
Ho viaggiato uno stivale intero senza aspettarmi nulla. Fino a che trovandolo, ho trovato tutto: o’ Vesuvio.
Ti ho visto per la prima volta ed è come se ti conoscessi da sempre, come capita con certe persone speciali. Abituata alle Dolomiti, sei piuttosto basso e non sembri così pericoloso. Ma saperti vivo dentro, mi fa schiudere le labbra in un mezzo sorriso di meraviglia. Ti stimo. Tutti ti stimano qui, perché è più semplice che temerti.
Il porto dove ti specchi sembra un tappeto di stelle, costellato di barche, scogli e sirene. Nella tua città tutto è leggenda e tutto è verità. Tutto è menzogna e tutto è reale. La religione, la suggestione, la credenza popolare, la fede e la mafia. È tutto vero e non esiste allo stesso tempo.
Napoli è senza confini e senza frontiere. Le porte qui non servono chiuse. La gente va e viene e non ha paura dei cambiamenti. Vita è, qui, guardare avanti senza mai fermarsi troppo sullo stesso passo. Non c’è il lavoro fisso come non c’è un giorno fisso o un orario fisso. Di fisso ci sta solo o’ Vesuvio e se si muove lui, il destino già sta scritto. Perché preoccuparsene?
Napoli è più vicina all’africano che al veneto, perché è solidale, non perché è terrona. Della pelle nera non ha compassione, perché è la sua. Napoli viene dall’Africa, dalla Grecia, dalla Spagna. Napoli viaggia da sempre, tutto ha dato e tutto ha lasciato. Pregiudizi e giudizi inclusi.
Napoli è una città di occhi e non di sguardi. Di occhi. E ne trovi di tutti i tipi, color della pece e color del mare al largo. Napoli non ti osserva, ma ti guarda. E se ti scopri osservato, non hai da sentirti migliore. Non te ne dà ragione.
Napoli è fuoco, nella parola, nello spirito e nei passi, che siano di ballo o di calcio.
Napoli è esuberante come una donna formosa che si che veste di lustrini. E se ne frega, in tutto e di tutto. Fa a modo suo, nulla ha da perdere e nulla ha da invidiare. Napoli abbonda, anche nella ciccia, nella mozzarella, nella pizza, nel pesce crudo e nel vino.
E poi a Napoli ci si può nascondere, si può diventare tutto e niente. Tra le sue vie puoi baciarti come fare l’affare della giornata. Non c’è omertà ma leggende, pettegolezzi, verità. Tutti sanno.
Napoli non ti costringe ad incontrarla almeno una volta nella vita. Ci capiti quasi per caso, perché è il caso il padrone della festa. E una volta che entri nei suoi salotti, nei suoi marmi e nella sua storia, ti chiedi cosa sai di lei realmente a parte la monnezza, la camorra e Roberto Saviano.
Napoli è un esempio di città che insegna. Ma noi, poi, impariamo?
[Foto: Diego de Miranda]
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