A Napoli è vietato morire a Natale e Capodanno
Era la vigilia di Natale e Napoli brillava di luci. Le strade di San Gregorio Armeno erano gremite di turisti intenti a scegliere statuine per il presepe, mentre l’odore di sfogliatelle e pizze fritte si mescolava all’aria fresca del Vesuvio.
In un quartiere popolare, però, la magia del Natale si scontrava con la realtà: un impresario funebre raccontava ai vicini che “a Napoli è vietato morire a Natale e Capodanno”. Non era una battuta, ma il paradosso di una burocrazia che chiude gli uffici proprio nei giorni più delicati.
La notizia correva di bocca in bocca, tra un brindisi e una tombola, diventando quasi una leggenda urbana. “Meglio vivere ancora un giorno, almeno fino al 26”, scherzava qualcuno, cercando di alleggerire il peso di quella verità.
Così, tra presepi, luminarie e canzoni di Natale, la città viveva il suo ennesimo contrasto: la bellezza delle tradizioni e l’assurdità delle regole. E Napoli, come sempre, riusciva a trasformare anche la cronaca più amara in un racconto che profumava di umanità e ironia.